L’avanzata della FIOM, nell’angolo CISL e UIL
Se c’è una dichiarazione bugiarda è quella di Angeletti: il leader della UIL proclama: “Ha vinto il lavoro”. Almeno Marchionne si esercita ancora un po’ in una astiosa polemica sugli ideologismi che renderebbero il sindacato vecchio e desueto e fa il suo mestiere di servitore del padrone. Ma quella di Angeletti è proprio una affermazione che viene contraddetta tanto dalla vittoria di misura del “sì” (appena 400 schede su 5.230 voti validi, pari al 94,4% degli aventi diritto al voto a Mirafiori), ma pure dall’ottima affermazione del “no”.
Sono tutti i reparti operai ad avere in massa disobbedito alle indicazioni dei loro sindacati, quelli supini sul tappeto degli Elkann e degli Agnelli e alle parole dell’amministratore delegato. A far vincere il “sì” sono stati, dunque, i voti dei colletti bianchi. Lavoratori, certo. Ma non operai. Lavoratori che sono legati alla struttura aziendale e che hanno un trattamento differente rispetto alla manovalanza che siamo abituati a conoscere in una fotografia di qualunque catena di montaggio.
Ed è proprio in questi reparti, dal montaggio alla verniciatura, e così via…, che si fa sentire il disaccordo verso una politica della FIAT che sarà distruttiva dei diritti fondamentali dei lavoratori e del sindacato. Il voto di Mirafiori ci consegna quindi una grande e grave responsabilità: mettere in campo ogni azione concreta per dare forza a quella parte sana del sindacato che oggi si stringe attorno alla FIOM e che sa di avere in lei una avanguardia non facilmente scalzabile e che sta accrescendo i propri consensi in questi giorni proprio a Mirafiori.
Bonanni e Angeletti, dunque, perdono sonoramente e possono urlare solo come le oche de Campidoglio, o lamentarsi come la lupa, ma non sono i lavoratori bensì questi sindacati che oggi non meritano altro se non la pietà di chi ha votato “NO” e ha fatto veramente una scelta di grandissimo coraggio e di grande solidarietà sociale.
Davanti al ricatto di Marchionne, con intorno un Paese spaccato, con un governo pronto a pugnalarli alle spalle, con un PD difensore delle scelte padronali e con una opposizione comunista purtroppo ancora troppo debole, i lavoratori hanno saputo resistere e insistere e hanno dato una lezione di alta politica sindacale, una lectio magistralis di educazione civica a noi tutti, e in primis al padronato arrogante, saccente e presuntuosamente rivolto all’estero con uno sguardo da Giano Bifronte.
Oggi la FIOM è più forte, è sicura di poter stare dentro quella grande fabbrica anche se non sarà ammessa – incostituzionalmente – ai tavoli di trattativa e di dialogo con la controparte padronale. Ed è sicura, certamente, di poter stare davanti ai cancelli della FIAT con un consenso operaio molto più ampio di quello che aveva poche giornate or sono.
Questo è ciò che oggi conta, perché – lo si può dire a ben donde – il contatto può ancora saltare e sarebbe veramente un bene che facesse una piroetta devastante e si sfracellasse al suolo, moderno Icaro, cosciente di ciò che è e di ciò che porta con sé: l’introduzione di un neoschiavismo dove è impedito l’accesso a qualunque diritto singolo e collettivo che è e dovrebbere restare protetto proprio dalla Costituzione e da decenni e decenni di legislazione a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici.
Non è per niente il momento di ritirarsi a casa. Lo hanno fatto già in troppi, e con troppe scuse, cedendo al passo di moda per cui è meglio attendere tempi meno cruenti, più agevoli sia per i comunisti che per la sinistra in generale. Aspettare questo tempo altro non significa che provare a fare dell’attendismo una pratica di politica quotidiana, tradendo tutti i princìpi per cui proprio gli operai e le operaie della FIOM e dei COBAS hanno lottato in queste settimane.
La loro lotta resta e diventa un esempio per tutte le lavoratrici e i lavoratori di questo Paese. La loro lotta resta e diventa una controriforma costituzionale al ricatto incostituzionale di Marchionne.
La loro lotta è destinata a vincere. Non oggi, a numeri definitivi. Forse nemmeno domani. Ma c’è spazio per la ricostruzione di un sindacato di classe, e noi comunisti non possiamo eludere questo tema, ne dobbiamo discutere, dobbiamo approfondire le ragioni dell’estensione del dissenso oltre il 22% dei voti raccolti dalla FIOM nelle passate elezioni di fabbrica.
Forse una breccia dei diritti esiste ancora. Forse esiste ancora anche una breccia di solidarietà reciproca e di non abbandono di una via di cambiamento. Ecco, su questo costruiamo la nostra opposizione sociale e politica, su questo diciamo, una volta e per tutte, al PD che ha finito di giocare all’amico di tutti. Perché, come diceva Aristotele: “L’amico di tutti, non è un amico”.
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